SB

Società Benefit

Nasce nel 2016 una nuova tipologia di impresa, la società Benefit in cui oltre allo scopo di lucro si aggiungono fini di beneficio per gli azionisti, i dipendenti i fornitori e la società civile, anche  definita B-Corp, la quale oltre alla produzione di utili, si sottopone al contempo ad un rigoroso percorso di valutazione (c.d. Benefit Impact Assessment) volto a misurare la qualità dell’impatto generato sugli stakeholders , al fine di ottenere una certificazione dell’impegno assunto nei confronti degli stessi.

Da ultimo, la LdS prevede – elemento di non poco conto – la responsabilità degli amministratori delle SB, per violazione dei doveri imposti dalla legge o dallo statuto, qualora non sia adempiuto l’obbligo di gestire suddetta società in modo da bilanciare i diversi interessi, sopra descritti, coinvolti nell’esercizio dell’attività.

La SB che non persegua le finalità di beneficio comune è, infatti, sottoposta alle disposizioni in materia di pubblicità ingannevole e del codice di consumo (d.lgs. 145 del 2007 e d.lgs. 206/2005) ed è soggetta alla vigilanza dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ; e ciò, qualora “esplodesse la moda” delle B-Corp, potrebbe rappresentare, operativamente, un problema.

È però legittimo ritenere che, per ora, il legislatore si sia solo limitato ad importare una buna idea già sperimentata dagli anglosassoni, aspettando di vedere quali saranno le reazioni del mondo industriale italiano, per poi apportare i necessari miglioramenti e aggiornamenti che si dimostreranno eventualmente necessari. redigere annualmente una relazione da allegare al bilancio relativa al perseguimento delle finalità di beneficio comune.

Ai sensi dell’articolo 1, comma 376 e seguenti della Legge 208/2015 (Legge di Stabilità 2016), nell’esercizio della propria attività economica, la società persegue finalità di “beneficio comune” ed opera in modo responsabile, sostenibile e trasparente nei confronti di persone, aziende, comunità, territori e ambiente, beni ed attività culturali e sociali, enti e associazioni ed altri portatori di interesse.

Il sistema economico imprenditoriale italiano sconta ancora una grande distanza fra chi, all’interno delle imprese, persegue l’obiettivo di profitto e chi deve valutare l’impatto sociale e ambientale prodotto. Ciò deriva dal fatto che, anche a livello normativo, “le imprese nascono con un obiettivo che è quello di dividere gli utili; ma la natura stessa delle imprese è quella di esercitare un impatto sociale e ambientale”.

La legge prevede espressamente che la gestione sociale delle società benefit miri al bilanciamento tra l’interesse dei soci e quello degli stakeholders sui quali l’attività sociale possa avere un impatto.

Considerate le caratteristiche delineate dello standard di valutazione esterno e la storia delle società benefit, importate nel nostro ordinamento sulla base del modello statunitense elaborato dall’organizzazione B-Lab, è possibile anticipare che la maggior parte delle società benefit rinvierà, ai fini della valutazione dell’impatto generale, ai criteri dallo stesso fissati per l’ottenimento della certificazione di “B-Corp” .

È evidente come l’imprenditore che voglia dotarsi di una forma societaria del tipo “benefit” lo dovrà fare con la consapevolezza che l’AGCOM vigilerà sull’effettiva finalità di beneficio comune così come indicata nell’og­getto sociale. E questo è sicuramente, da una parte, un disincentivo all’idea di coniugare il “profitto” con il “beneficio comune”, dall’altra parte, ciò deve essere visto dalle imprese come un preciso invito al rispetto della normativa in materia di pubblicità e pratiche commerciali.

Il destinatario naturale dell’innovazione appare principalmente l’impresa che fa parte di un settore, all’interno del quale si apre un cluster di società che, volontariamente, dichiarano di perseguire finalità di beneficio comune, pur senza rinunciare all’obiettivo del profitto.

Cenni storici Società Benefit

È il 2006 quando negli Stati Uniti d’America si pone la questione di attuare una nuova concezione di business. Promotore di tale concezione è stato l’ente americano no profit B-Lab, il quale per primo ha sostenuto e promosso l’idea di utilizzare il business come “forza positiva” .

Si sviluppa un movimento imprenditoriale che coinvolge un discreto numero di realtà societarie, interessate al perseguimento del profitto nel rispetto dei più elevati standard di trasparenza e performance di qualità socio-ambientale.

Nell’aprile 2010 il Maryland è diventato il primo Stato americano ad approvare la legislazione per le  Società Benefit. Una SB deve rendere accessibile pubblicamente il report annuale sul sito aziendale e, in alcuni stati, consegnarlo al Segretariato di Stato. Ci sono  dodici standard che devono essere soddisfatti per questo tipo di organizzazioni. In una SB sono gli azionisti a determinare se la società ha raggiunto un impatto significativamente positivo, e in caso di controversia, spetta ai tribunali determinare se la SB abbia ottenuto un impatto positivo concreto.

Certificazione Società Benefit

Per conservare la certificazione di BCorporation sia per aver scelto di assumere lo status formale di Società Benefit .

In Italia, infatti, dove Nativa Lab registra il più alto tasso di crescita al mondo per le BCorp, si è voluto compiere un passo giuridico in più, traducendo in legge una forma giuridica d’impresa che interpreta buona parte dei contenuti promossi nelle B Corporation.

Mauro Del Barba, perché convinto che il SB e la sostenibilità non siano più un’alternativa ma un nuovo modello per fare impresa. Con questa nuova qualifica giuridica un’impresa, oltre ai propri obiettivi di profitto, si impegna a perseguire anche scopi di beneficio comune atti ad avere un impatto positivo a lungo termine sulla società civile e sull’ambiente. 208/2015 statuisce che tale società nell’esercizio di un’attività economica, “oltre” allo scopo lucrativo o mutualistico, persegue “anche” una o più finalità di beneficio comune che intende perseguire da indicare nel proprio oggetto sociale, operando in modo responsabile, sostenibile e trasparente nei confronti di tutti gli stakeholders.

Questi standard sull’impatto generato dalla finalità benefica sono annessi alla legge e finora sono stati elaborati dalla B.Lab prima ancora che la legge fosse scritta.

Assobenefit e la presiede l’onorevole Mauro Del Barba, il padre della legge sulle società benefit  del suo statuto, si propone di «concorrere all’affermazione di un nuovo modello economico di sviluppo sostenibile sul territorio italiano basato sui principi costitutivi delle società benefit» puntando al rafforzamento delle imprese che abbracciano tali principi e che già costituiscono un “ecosistema Benefit” e al consolidamento del made in B-Italy come fattore competitivo riconoscibile a livello internazionale.

Gli amministratori pare vengano gravati dall’obbligo di perseguire le finalità di beneficio comune e di bilanciamento di queste con l’interesse dei soci (l’utile) pena, recita il comma 381, l’applicazione delle norme sulla responsabilità degli amministratori scandite dal c.c. È questo il vero interesse “commerciale” che potrà muovere gli imprenditori all’idea di creare una B-corp.

Recentemente, il premio Nobel per l’economia Robert Shiller ha affermato che “questa nuova idea le sociteà saranno un modello vincente, di cui faranno parte le aziende più profittevoli grazie alla loro capacità di ispirare i dipendenti e la comunità che le sostiene”.

Le aziende hanno tutti i mezzi necessari per costruire un “eco-sistema” nel quale impresa e collettività siano economicamente solidali.

Dal 2016 l’Italia è il primo paese in Europa e il secondo al mondo  dopo gli Stati Uniti ad essersi dotata di una legge che prevede la possibilità per le aziende di operare come Società Benefit. Con i commi della Legge di Stabilità sono state emanate le Disposizioni per la diffusione di società che perseguono il duplice scopo di lucro e di beneficio comune.

1 della citata legge – sono quelle di promuovere la costituzione, nonché la diffusione, di società che perseguono un duplice fine; da una parte, la realizzazione di attività di profitto dirette a distribuire gli utili ai soci e, dall’altra, perseguire iniziative benefiche a favore di una vasta pluralità di portatori di interesse.

Di qui, la loro distinzione rispetto alle altre società mediante l’aggiunta, alla denominazione, di «società benefit» o della sua abbreviazione «SB». Le attività non profit organizzate in forma d’impresa, a cominciare da coop e imprese sociali, hanno già nel proprio dna la natura di utilità sociale, dunque non appaiono, almeno in prima battuta, necessitate a vestire i nuovi panni.

Occorre sul punto evidenziare come il dettato normativo sia poco coerente, alla luce del fatto che è la stessa legge di stabilità 2016 ad affermare che la finalità di beneficio comune debba affiancarsi a quella della divisione degli utili , ammettendo tuttavia l’applicabilità della qualifica “Società Benefit” anche alle società cooperative.

Può ritenersi che  la discriminante tra le società non benefit, che vogliano perseguire un beneficio comune, e le Società Benefit, stia nel quantum di produzione delle due finalità.

Per quanto riguarda le Società Benefit si parla infatti di “bilanciamento” tra l’interesse dei soci e l’intereresse di “coloro sui quali l’attività sociale possa avere un impatto”.

Inoltre, attraverso la pubblicazione di un report o Relazione d’Impatto annuale, gli stakeholder ricevono informazioni per determinare se sono d’accordo con le modalità della società benefit di ottenere un impatto positivo sulla società e l’ambiente.

L’impegno addizionale di responsabilità assunto da una SB comporta che amministratori e dirigenti prendano in considerazione l’impatto delle loro decisioni su società e ambiente oltre che sul valore per gli azionisti.

Le SB offrono inoltre agli azionisti un diritto privilegiato di azione, chiamato benefit enforcement, che possono esercitare per far rispettare la mission aziendale, qualora l’azienda non sia riuscita a perseguire gli obiettivi prefissati.

Dal 2018 inoltre è stata creata l’associazione di rappresentanza delle Società Benefit italiane.

Differenze tra società benefit e le altre società

Se dall’esercizio dell’attività imprenditoriale conseguono impatti economici, impatti ambientali ed impatti sociali, allora, i relativi effetti, devono essere necessariamente misurati per quantificare il valore complessivamente prodotto.

Nel caso di società non benefit, invece, nulla si dice circa il quantum di un fine ulteriore rispetto a quello di divisione degli utili; certo è che quest’ultimo, sebbene non necessariamente esclusivo, debba essere quantomeno prevalente.

Già prima dell’introduzione delle Società Benefit era infatti possibile che le società di cui al libro V, titolo V e VI del codice civile perseguissero finalità di beneficio comune e ciò non solo in via fattuale, ma eventualmente anche, per il tramite dell’apposizione di apposite previsioni statutarie.

Al comma 379 dell’articolo 1, si legge infatti che “le società diverse dalle Società Benefit, qualora intendano perseguire anche finalità di beneficio comune, sono tenute a modificare l’atto costitutivo o lo statuto”.

Sul fronte opposto, nell’universo delle aziende commerciali, sono certamente moltissime quelle che già operano con criteri di sostenibilità e con una visione di lungo termine, e proprie queste ultime sembrerebbero costituire la platea di destinatari della nuova disciplina.

Tali società si sottopongono altresì all’obbligo di redigere annualmente una relazione sull’attività svolta per la realizzazione degli obbiettivi indicati, contenente una valutazione delle performance sociali ed ambientali misurate attraverso il ricorso ad uno standard di valutazione esterno.

Tutte le società certificate come B Corporation che svolgono la propria attività in un Paese dove è stata introdotta la qualifica giuridica di società benefit, devono ottenere tale qualifica entro due anni al fine di mantenere valida la propria certificazione.

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