Cosa sono gli Interessi?

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Gli interessi rappresentano il compenso dovuto al prestatore per aver ricevuto una data quantità di denaro in un certo periodo.

Gli interessi si dividono in attivi e passivi

Sono interessi attivi se siamo noi i prestatori di denaro ad esempio se depositiamo in banca una certa somma sul nostro conto di deposito a fine anno riceveremo un compenso (solitamente minimo) accreditato sul conto.

Per noi nell’ esempio sono interessi attivi che infatti sono soggetti a tassazione attraverso ritenuta del 26%.

Ritenuta che l’intermediario finanziario(banca nel nostro caso) è tenuto ad applicare al momento del pagamento degli interessi, e contemporaneamente per la banca sono interessi passivi.

In sostanza gli interessi sono attivi o passiva a seconda del fatto che siamo i prestatori di denaro o coloro che lo ricevono.

Gli interessi si dividono anche in:

Interessi Legali

Il tasso di interesse legale è fissato dal Ministro del Tesoro, con decreto pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale

Interessi Convenzionali

Il tasso di interesse convenzionale viene fissato contrattualmente dalle parti. La determinazione del tasso, se superiore a quello legale, deve essere stabilita per iscritto; in caso contrario gli interessi sono dovuti nella misura fissata dalla legge (art. 1284 c.c., terzo comma).

Interessi di Mora

Sono interessi dovuti dal debitore in caso di  ritardo nel pagamento del proprio debito (debitore in mora).

Costituiscono un  risarcimento del danno causato dal ritardato pagamento  e pertanto devono essere corrisposti.

Gli interessi moratori per le transazioni commerciali sono stabiliti dal legislatore

Come si calcolano gli interessi attivi bancari ?

Per calcolare l’ammontare degli interessi attivi, come ad esempio il rendimento del denaro depositato in un conto corrente o in un conto deposito,

E’ sufficiente avere a disposizione tre dati:

il tasso d’interesse

l’ammontare del capitale depositato

il periodo di tempo del deposito.

Per calcolare l’interesse lordo, si devono moltiplicare i tre fattori e dividere poi il risultato applicando una semplice formula:

Interesse = (Capitale depositato * tasso di interesse * tempo) / 36500.

Agli interessi lordi si devono poi sottrarre le spese, le tasse e le imposte utili per ottenere la remunerazione netta del conto corrente o del conto deposito.

Interessi Passivi: Tan, Taeg,  Euribor, Tasso Bce, Euris; cosa sono?

Il Tan Tasso nominale annuo è l’interesse applicato ad un prestito; esso rappresenta in percentuale gli interessi da restituire alla fine del prestito.

Il Taeg tasso annuo effettivo globale è un parametro che considera:

Rimborso del capitale:

Interessi:

Spese compresive di:

Istruttoria della pratica;

Riscossione della rata, etc.;

Polizze assicurative associate al finanziamento.

Il Taeg indica il costo totale del finanziamento su base annua, è l’indicatore da prendere in considerazione per mettere a confronto prestiti e mutui.

L’Euribor è il tasso di interesse medio delle transazioni finanziarie in euro tra le principali banche europee.

Il Tasso Bce è il tasso ufficiale indicato dalla Banca Centrale Europea, la Federazione che rappresenta le banche centrali dei 17 Paesi della “Zona euro”.

L’Eurirs Euro Inrest Rate Swap o Irs, è la media ponderata delle quotazioni alle quali le banche che operano nell’Unione Europea realizzano l’Interest Rate Swap.

Formula per il calcolo degli interessi

Impostando la capitalizzazione ogni 3, 6 o 12 mesi i periodi di decorrenza partono da date prefissate:

trimestrale: 1 gennaio, 1 aprile, 1 luglio, 1 ottobre

semestrale: 1 gennaio e 1 luglio

annuale: 1 gennaio

La formula utilizzata per il calcolo è degli interessi è la seguente:

I = C x TI x N/36500

dove:
C è il capitale iniziale,
TI è il tasso di interesse applicato,
N è il numero di giorni di maturazione degli interessi,
(36500 è il numero di giorni di cui è composto l’anno per il codice civile x 100)

Interessi a tasso fisso o variabile?

Nel tasso d’interesse fisso, questo rimane uguale per tutta la durata del prestito. Anche la rata rimane uguale sia per numero che importo per tutta la durata del prestito.

Il tasso variabile, come dice la parola varia  in funzione dell’andamento del mercato in questo caso può variare sia il numero che l’importo delle rate.

Interessi passivi mutuo è meglio scegliere un tasso fisso o un tasso variabile?

Non  esiste una risposta univoca a questa domanda.

Dipende da diversi fattori

Il primo è la nostra propensione al rischio

Più è bassa più la nostra scelta si avvicinerà al tasso fisso.

La durata del prestito più è lunga più incognite vi sono per il futuro e più ci si orienta verso il tasso fisso.

La terza è pura matematica se riusciamo accendere un mutuo ad un tasso molto vantaggioso esempio il 2%  nel caso peggiore possibile  il tasso al massimo può scendere a 0,  avremo perso una possibilità di risparmio. Ma dal lato della salita non c’è limite per cui potremmo ritrovarci anche tassi del 10%. Capite bene che nel secondo caso i costi crescono enormemente  per cui da un calcolo rischio beneficio è meglio il tasso fisso.

Se invece pensiamo che le condizioni future dell’economia miglioreranno sensibilmente e partiamo da tassi del 5/6 % allora la scelta migliore sarebbe quella del tasso variabile.

Interessi attivi, implicazioni per le aziende

Principio della competenza

Per quanto riguardo gli interessi attivi relativi ad attività finanziarie di qualsiasi natura, sono soggetti all’applicazione di una ritenuta alla fonte.

Gli interessi attivi, infatti, concorrono alla formazione del reddito d’impresa in base al principio di competenza economica.

Seguendo la remunerazione pattuita tra le parti.

A differenza di quanto previsto per i soggetti non imprenditori, per le imprese assumono natura reddituale anche i cossidetti interessi compensativi, tra i quali spesso emergono quanto a rilevanza sul totale di bilancio quelli relativi ai rimborsi di imposte versate in eccesso.

Interessi passivi per i soggetti IRES

Per quanto riguarda invece i soggetti IRES è stata delineata una disciplina particolare. Per questi infatti non è stato richiamato il requisito della “inerenza” degli interessi passivi all’attività d’impresa.

Più precisamente è stato disposto che: Gli interessi passivi sono deducibili per intero, sino a concorrenza con gli interessi attivi e altri proventi assimilati.

Per l’eccedenza invece, sono deducibili solo nel limite del 30% del c.d. ROL.

Il R.O.L. (risultato operativo lordo) è la differenza tra il valore di produzione e i costi della produzione del conto economico.

Nel caso in cui gli interessi passivi eccedono del 30% del ROL, essi possono essere dedotti per il limite medesimo, dal reddito dei successivi esercizi.

Tutti i soggetti IRES hanno un regime di deducibilità degli interessi passivi, molto più limitato rispetto alle società semplici e agli imprenditori individuali.

Questo trova giustificazione nel fatto che le aliquote IRES sono state notevolmente abbassate.

Interessi Passivi per imprenditori individuali

Gli interessi passivi,possono essere considerati come normali costi di esercizio dell’impresa o come oneri accessori ad altri costi o spese (interessi dovuti per il ritardo o dilazione a dei pagamenti, ovvero oneri finanziari (ricorso al credito).

Si osservi infine che la disciplina vigente in merito agli interessi passivi, detta delle regole sul regime della loro deducibilità fiscale in modo del tutto diverso.

Per le società di persone e imprenditori individuali viene stabilito che ci tutti gli interessi passivi sono deducibili solo se inerenti all’esercizio dell’impresa e limitatamente al c.d. pro–rata generale.

Essi lo sono solo per la parte che corrispondente al rapporto: tra l’ammontare dei ricavi imponibili ai fini delle imposte sui redditi e l’ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi.

In altre parole, anche se inerenti all’esercizio d’impresa, i ricavi e i proventi non concorrono a formare il correlativo reddito, in quanto esclusi e non è possibile dedurre gli interessi passivi. (art. 61 comma 1 TUIR).

Pronti contro termine

Gli interessi derivanti da titoli acquisiti con contratti di pronti contro termine che prevedono l’obbligo di rivendita a termine concorrono alla formazione del reddito del cessionario in base alla durata del contratto.

La differenza positiva o negativa tra il corrispettivo a pronti e quello a termine, al netto degli interessi maturati sui titoli sottostanti, concorre alla formazione del reddito per la quota maturata nell’esercizio.

La norma evidenzia il criterio di competenza (visto in precedenza) che sovrintende all’imposizione fiscale dei proventi che derivano da operazioni di pronti contro termine su titoli, operazioni che vengono considerate come investimento e non di doppia operazione di acquisto e cessione di un’attività finanziaria.

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